A Orsara di Puglia (FG), che tra il 1861 e il 1927 ha fatto parte della provincia di Avellino, verso gli anni sessanta si sviluppò una piccola comunità di fede pentecostale. La nascita, lo sviluppo e l’estinzione a causa dell’emigrazione di quest’opera di fede ci sono stati raccontati dal fratello Antonio Nuzzo che ne è stato il pastore.

–  La chiesa pentecostale di Orsara nacque sul finire degli anni cinquanta per la richiesta di un fratello americano nativo di Orsara e ministro di culto evangelico (il fratello Terlizzi) che cercava dei fratelli che andassero ad evangelizzare questo paese. Il fratello Iannelli all’epoca pastore a Troia, a un raduno pastorale aveva saputo di questa richiesta e disse: “C’è un giovane a Troia, chiediamo a Lui”. Così mi domandarono se volevo andare ad evangelizzare Orsara. In passato avevo avuto due operai di questo paese nella mia azienda edile. Quando mi fu proposto di andare ad evangelizzare Orsara, io avevo fatto i preparativi per andare a lavorare a Parigi dove precedentemente ero stato già un anno. Scelsi di servire il Signore a Orsara. Evangelizzai, ci furono delle conversioni, dei battesimi nello Spirito Santo e si formò un gruppo con più di venti credenti. Quando poi quindici anni più tardi a causa dell’emigrazione rimanemmo meno di un pugno di persone, non convenne più andare a Orsara e mantenere un locale aperto perché le spese erano troppe. A quei pochi rimasti che non potevano recarsi al culto a Troia perché anziani, consigliai di frequentare il culto presso la chiesa valdese. Con i pastori della chiesa valdese c’è sempre stata una grande collaborazione. Ero ancora giovane quando il pastore Iannelli mi affidò l’incarico della distribuzione dei viveri che dall’America giungevano ai fratelli italiani tramite la chiesa valdese, (In quegli anni le A.D.I. non erano ancora state riconosciute legalmente dallo stato italiano). Ho portato gli aiuti a Savignano, Bovino, Anzano, Scampitella. In un primo momento provenivano direttamente da Bari, poi i valdesi di Orsara fecero in questo paese un centro di smistamento. Ho lavorato con mia moglie giorno e notte per fare gli elenchi di distribuzione. Per questo motivo e per il mio lavoro di muratore, a Orsara ma anche in tanti altri paesi della provincia, ero conosciutissimo. Con i valdesi non abbiamo solo lavorato molto insieme, ma anche fatto dei culti. Loro mi chiamavano ad esempio quando c’era un funerale. Stavo accanto al pastore nelle funzioni. C’era una profonda comunione spirituale da parte di entrambi. Nel passato la chiesa valdese di Orsara era molto numerosa, poi è andata scemando anch’essa per l’emigrazione e oggi sono rimasti in pochi.

Non è possibile parlare dell’Opera dell’Evangelo a Orsara di Puglia senza considerare il movimento valdese che qui si diffuse talmente tanto che questo paese venne soprannominato la “Ginevra del sud.” Doveroso presentare anche la storia di questa comunità non solo per i rapporti fraterni che ci furono con le varie comunità pentecostali limitrofe, ma anche per le numerose sofferenze di persecuzione che essi subirono. Orsara è il cuore della comunità valdese di Puglia dalla quale sono nate comunità minori tra cui Foggia e Cerignola. Attualmente i membri iscritti nell’ albo della chiesa sono una quarantina, più una ventina di simpatizzanti. Il 13 febbraio 1900 alcuni emigranti orsaresi che avevano conosciuto l’Evangelo negli Stati Uniti fondarono la chiesa. Nonostante che le reazioni della comunità cattolica non furono sempre tolleranti essi riuscirono a influenzare molto la vita del paese tant’è che vari sindaci del dopoguerra furono valdesi, votati dagli stessi cattolici. Nel 1908 giunse l’arciprete Teodorico Boscia, che scandalizzato dalla diffusione dei valdesi scrisse di avere trovato il regno della desolazione. Don Boscia si dette da fare e lo scontro fra il movimento valdese e le riorganizzate forze cattoliche divenne inevitabile degenerando fino ad assumere toni violenti come nel giugno del 1913 quando vi fu una manifestazione popolare con oltre 1000 persone per protesta contro lo svolgimento del congresso provinciale valdese o il 13 febbraio 1914 quando il delegato di pubblica sicurezza invitato dal sottoprefetto di Ariano per il mantenimento dell’ordine pubblico, fu colpito con un pugno sul volto da una donna perché scambiato per valdese. Quel giorno a Orsara ci furono scontri, feriti leggeri, alcuni arresti, sassaiole.

Testimonianza di Antonio Nuzzo.

Riportiamo di seguito i ricordi di due sorelle valdesi.
«Il mio nome è Elena Ventrudo e sono nata il 17/10/1926 ad Orsara di Puglia. Sono nata in una famiglia di fede valdese. Mio nonno materno partecipò alla fondazione della chiesa. Da piccola ho sempre frequentato la chiesa ma la mia esperienza di fede è maturata con l’età, crescendo, quando uno inizia a riflettere di più su queste cose.

La chiesa è nata da emigranti convertiti in U.S.A. che al loro rientro ad Orsara hanno testimoniato ad altri i quali hanno notato che vi erano delle cose che non andavano nella chiesa cattolica. Si formò così questo gruppo che ormai ha più di cento anni. Questo è quello che ricordo dai racconti dei più anziani. Vi sono stati molti atti d’intolleranza nei nostri confronti. Ricordo un particolare di mia madre. Lei frequentava la terza elementare da una suora. Un giorno dovevano arrivare un gruppo di pastori ad Orsara, e questa suora aizzò i ragazzi dicendo: ”Andategli incontro, non fateli entrare in Orsara”. I ragazzi presero dei sassolini, le ragazzine si riempirono il grembiule di sassi e per la strada incontrarono mia madre che stava andando a fare una commissione per mio nonno. La suora vedendola disse ai ragazzi: “Anche questa è protestante, anche questa è protestante”. Iniziarono a tirargli dei sassi e le fecero molto male. Ritornata a casa, mamma raccontò tutto al papà: “La maestra ha detto di fare questa cosa ai pastori che devono arrivare”. Mio nonno con mia madre andò dalla suora, (denunciare il fatto non conveniva, chi ti ascoltava allora) e disse: ”Ecco cosa hai combinato”. La suora rispose: ”Mica ho detto io di fare del male a tua figlia”. Era un’insegnante molto brava ma era anche molto cattiva. Al principio tutti erano contro la chiesa valdese. Io ho frequentato la scuola al convento e più volte hanno cercato di convincermi a diventare cattolica. Mi dicevano: “Ti facciamo recitare” ed io rispondevo: “Io recito pure alla mia chiesa”. “Ti facciamo fare questo.” “No! Lo faccio nella mia chiesa.” Ero poco più che una bambina ma non mi hanno mai potuto capovolgere. L’arciprete Boscia diceva ai suoi: “Quando passate davanti alla chiesa protestante sputate. Dovete sputare.” Insegnava questo ai ragazzini. Ricordo che quando andavo a scuola al convento lui veniva spesso a visitarci e tutti i bambini dovevano baciargli l’anello. Io non mi muovevo e lui si avvicinava a me porgendomi il suo anello, (sapeva che ero valdese) io allora mi allontanavo, ma non gli baciavo l’anello. Boscia mal sopportava i valdesi. Dopo la guerra molte persone s’iscrissero alla chiesa valdese, un poco veramente per opportunismo, per ricevere gli aiuti che arrivavano dagli americani: pasta, olio, burro, formaggio. Tante famiglie venivano a segnarsi. Ma era bellissimo! Facevamo tre volte il culto alla settimana, il giovedì sera, il sabato sera e la domenica mattina. È stato proprio un periodo bello. La chiesa era molto piena anche perché non c’erano altre distrazioni e le persone erano più semplici. In quegli anni a Orsara la chiesa cattolica aveva perso molto. Si tennero delle evangelizzazioni cui parteciparono anche più di duemila persone; sembrava che Orsara stesse per diventare tutta evangelica ma poi con l’emigrazione le cose iniziarono a cambiare. Partirono tante famiglie numerose e nel tempo i figli di quelli che frequentavano la chiesa… L’emigrazione, poi chi è morto, chi è partito, chi è ritornato nel cattolicesimo, pian piano la chiesa si è svuotata. Oggi la situazione è triste. Sulla carta siamo ancora parecchi, ma solo in pochi continuano a frequentare le riunioni. I nostri giovani si contano sulle dita, sono rimasti solo i più anziani. Nell’immediato secondo dopoguerra, un nostro fratello, l’avvocato Pietro Antonio Loffredo fu eletto sindaco di Orsara. Era una persona speciale su tutto. Fu eletto a grande maggioranza. Tutto il paese lo accolse con la musica. Andarono a prenderlo con la banda musicale in casa per portarlo in trionfo fino al comune. Fu un avvenimento bellissimo. Era molto in gamba. Anche altri consiglieri erano valdesi, diciamo che quasi tutta l’amministrazione comunale era valdese. Ai giovani dico di avere fede, molta fede e di frequentare dovunque si trovino la chiesa. È importante. «La fede è l’unica speranza su tutto, questo particolare è fondamentale».

«Mi chiamo Anna Marottoli e sono nata l’1 febbraio 1948. La mia famiglia è stata una delle prime a convertirsi alla fede valdese a Orsara, sia mio padre sia mio nonno, sono stati di fede valdese. Ricordo che quando ero piccolina, durante l’ora di religione il prete chiedeva a me e agli altri bambini valdesi di uscire dalla classe. Non importava se il tempo era brutto o bello, chi era di fede valdese doveva uscire e poiché non vi era un corridoio, stavamo all’aria aperta. Quando era inverno, ci toccava uscire lo stesso, anche se c’era la neve. Purtroppo l’ora di religione capitava sempre al centro della mattinata scolastica, quindi non potevamo arrivare più tardi o uscire prima. Con l’arrivo di Don Costantino, le cose cambiarono, potevamo rimanere in classe. Anzi non solo lui accettava di tenerci in classe, ma ci interpellava, ci “punzecchiava” e in questo modo ci costringeva a rispondere. Lo faceva per farci partecipare. Con lui ho avuto tante discussioni, ma nel tempo si creò una buona armonia, inoltre quelli erano gli anni della massima espansione della chiesa valdese a Orsara (fine anni ’50), dopo tanti anni di persecuzione finalmente la chiesa valdese era accettata e ben tollerata da tutti. Mio padre una volta fu vittima di uno stupido scherzo da parte di un suo amico cattolico che ebbe delle conseguenze estreme. Egli aveva un asino ammaestrato che era lasciato libero per Orsara e che era capace di percorrere da solo il percorso che da casa di mio nonno portava fino alla bottega di mio padre che faceva il fabbro. All’epoca era usanza presso i cattolici che chi avesse un male indossasse “l’abatino”, una sorta di collana con un immagine sacra sul petto. Quest’amico di mio padre mise un abatino al collo dell’asino mentre era per strada. Cammin facendo, la fatalità volle che l’asino incrociò sul suo percorso, la processione del Venerdì Santo. L’arciprete Boscia andò su tutte le furie e denunciò papà per vilipendio alla religione cattolica, il quale senza poter difendersi si fece due giorni di carcere. Solo dopo riuscì a dimostrare la sua innocenza. L’arciprete Boscia fu un gran persecutore dei valdesi a Orsara, ma sul finire dei suoi giorni si pentì di tutto quello che aveva fatto e poco prima di morire mandò a chiamare mio nonno. Il nonno quando ricevette l’invito del prete disse: “Se mi vuole convertire cattolico, non ci vado, se mi vuole parlare da amico sì”. Boscia fece sapere che voleva parlare da amico e mio nonno vi andò, accompagnato da mio padre. Papà mi ha sempre raccontato che ciò che l’impressionò di più in quella visita, fu vedere l’arciprete solo, in un piccolo lettino con le lenzuola tutte sporche e in condizioni di salute non buone. Diceva che gli sembrava un relitto abbandonato senza nessuna cura. Nonno e il prete parlarono molto, papà si teneva a distanza e non capì tutto quello che si dicevano, ma riuscì ad intendere che Boscia chiedeva scusa per il suo comportamento tenuto verso i valdesi in tutti quegli anni. Don Costantino quando andavo a scuola mi chiedeva sempre: “Anna vai a prendere questo in chiesa ?” Io andavo, ma in chiesa dovevo sempre litigare con il sagrestano il quale mi rimproverava perché non mi inchinavo davanti all’altare. Una volta non mi fece neanche entrare, io allora tornai in classe e dissi a Don Costantino: “Senti, il sagrestano non mi ha fatto entrare perché non mi sono voluta fare il segno della croce”. Infuriato, Don Costantino mi afferrò per mano e mi portò in chiesa, chiamò il sagrestano e lo rimproverò. “Ma lo sai che questa è la figlia di Calvino? Quindi non s’inginocchierà mai qui! Anna, passa senza inginocchiarti davanti all’altare e vai a prendere quello che devi prendere”. Don Costantino era un parroco diverso, si rendeva conto della situazione ed era rispettoso. Una volta durante la vigilia di Natale venne a trovarci a casa e disse: “Mè, mo devo stare un po’ qua, non mi dite niente, però mi dovete cantare dei cantici”. Era un parroco molto scherzoso e gli piaceva farci battute spiritose e prenderci in giro (in senso positivo). Anche se le cose sono cambiate, la diffidenza nei confronti di noi valdesi continua… Quattordici anni fa ho avuto molte difficoltà nell’adottare due bimbe a causa della mia fede valdese. Grazie a Dio alla fine tutto si è risolto per il meglio e oggi vivono con me e mio marito due splendide fanciulle.»

Queste testimonianze sono state raccolte ad Orsara di Puglia il 25/08/2007 presso il locale di culto della chiesa Valdese.

L’Informatore Evangelico Anno V n.1