Pochi luoghi in Italia possono vantare una storia riguardo all’Evangelo come Faeto (FG), piccolo paesino confinante con le provincie di Avellino e Benevento. Fondato da soldati francesi durante la guerra fra gli Svevi e gli Angioini, divenne intorno al 1300 meta di rifugio per molti fedeli valdesi che dal sud della Francia fuggivano dalle persecuzioni. Per circa due secoli fu una delle cinque roccaforti valdesi dell’Alta Val Fortore. Scoperti nel 1565, essi scamparono alla distruzione per l’intervento del barone di Ariano e del vescovo di Bovino i quali si opposero all’Inquisizione Romana decisa a realizzare un massacro simile a quello compiuto in Calabria. (Massacro dei calabro-valdesi, 1561). Costretti a convertirsi con la forza al cattolicesimo dovettero subire leggi discriminatorie che furono abolite soltanto nel 1700. Oggi della presenza valdese non è rimasto nulla se non la lingua, infatti, Faeto è un’isola linguistica dove si parla il franco-provenzale. Spenta la fiaccola della Verità, le tenebre dell’ignoranza non regnarono a lungo in quanto una nuova luce sorse per riportare il messaggio dell’Evangelo. Nei 1907 rientrava dagli Stati Uniti un contadino che avendo sperimentato la salvezza in Cristo incominciò a renderne testimonianza. Fu preso per pazzo, schernito, ma alla fine qualcuno si convertì al Signore. La reazione del clero fu violenta ma l’Opera progredì. Sebbene da pochi anni la chiesa evangelica si è estinta, il lavoro compiuto è stato talmente vasto che esso è ancora vivo nel ricordo di tutti, lo dimostra il fatto che alcune strade e piazze portano il nome di predicatori evangelici, caso piuttosto raro se non unico in Italia.

«Vito Mastri invitava la gente nella propria casa, dopo il canto e una preghiera cominciava la lettura e la spiegazione della Bibbia. Quando il gruppo iniziò a crescere, volle informarsi se anche in Italia, come negli U.S.A., esistesse la Salvation Army e scoprì che nella vicina Ariano Irpino c’era un chiesa salutista. Gli fu consigliato di scrivere a Roma, dove chiese ed ottenne che prima uno e poi diversi ufficiali potessero stabilirsi a Faeto. In breve si formò un Corpo organizzato. Oltre ad una sala per l’evangelizzazione e il culto, fu aperta una scuola per analfabeti, furono organizzati corsi di lingua inglese per i giovani in procinto di emigrare in America, fu impiantato un asilo infantile, il primo in quella zona, e un gruppo fanfaristico.»

(Testimonianza di Umberto D’Angelo)

« Si arrivò per un certo periodo ad avere che circa un terzo dei faetani simpatizzavano se non addirittura militavano apertamente nell’Esercito della Salvezza [E.d.S. ndr]. Veniva fatto molto lavoro sociale e di soccorso. Durante la prima guerra mondiale i bambini rimasti soli, perché le mamme impegnate a lavorare nei campi e i papà mandati al fronte, vennero “accuditi” dagli ufficiali che andavano sotto le finestre e raccontavano delle storie esortandoli a fare i bravi e ad aspettare il ritorno della mamma. Poi fu aperto un asilo. Venne dalla Svizzera un’ufficialessa, la Petit Marie Pierre, che compì un lavoro straordinario. Oltre all’impegno per l’asilo, istituì la scuola serale e la scuola di musica. Dopo il concordato con il Vaticano, il fascismo non lasciò più molta libertà. Avevamo un bel locale, dove c’era l’asilo, la scuola, la sala di riunione e l’appartamento per gli ufficiali, ma fu ordinato a tutti i salutisti d’Italia di chiudere i propri locali di culto. Così vendemmo quella proprietà che fu comperata per conto terzi per il vescovo di Troia. Il nostro locale diventò la canonica. Dal 1929 fino al 1935 a Faeto non si ebbe più una sala di culto. Se ci riunivamo in casa, dovevamo tenere le porte chiuse e non si poteva evangelizzare. Furono anni difficili. Nel 1935 l’attività riprese di nuovo ufficialmente, ed anche questa volta ci furono dei successi. Fu organizzata una corale di giovani che era molto seguita, ma la libertà fu breve, con lo scoppio della guerra fummo nuovamente considerati illegali.»

 (Testimonianza di Antonina Figliola)

«Tutto Faeto è stato influenzato dall’ E.d.S., in ogni casa venne annunciato l’Evangelo e molte persone ebbero la Bibbia, ma la chiesa cattolica ci ha sempre ostacolato dicendo che noi eravamo nel falso perché non credevamo nei santi, non credevamo nella confessione ed in tutte le loro tradizioni. Dicevano che eravamo maledetti e scomunicati e che nessuno doveva avere contatti con noi. C’è stata una violenta persecuzione, hanno bruciato le Bibbie, c’era persino una parte del cimitero che era solo per i protestanti.»

 (Testimonianza di Antonietta Franza)

«Una volta assistetti a un rogo di Bibbie. Il predicatore che tutti gli anni veniva per la quaresima esortò i faetani a consegnare tutto quello che avevano ricevuto in dono dall’E.d.S. Furono raccolte Bibbie, Vangeli, libretti di cantici… Io ho assistito a quell’evento. Cantavano: “Maledetto chi l’ha fatto, maledetto chi l’ha letto”. Avevo meno di una decina di anni e rimasi scioccata.»

 (Testimonianza di Prospera Figliola)

«Era il 1931. La mamma ci proibì di andare, ma io incuriosita dissi alla mia sorellina più piccola: “Andiamo a vedere cosa fanno sulla piazza.” Avevano fatto la processione e di ritorno dal giro del paese, davanti al sagrato quattro uomini appiccarono il fuoco a tutte le Bibbie che li erano state ammassate e precedentemente strappate. Quando la gente se ne andò via dissi a mia sorella: “Andiamo a vedere se nelle ceneri troviamo qualche cosa.” Nelle ceneri trovai un pacchetto dove c’erano le figurine della scuola domenicale; tutte le figurine erano bruciate, ma il fondo delle figurine dove c’era il versetto biblico no! Le raccolsi e le portai a casa. Quando arrivammo a casa, prendemmo le botte, ma io andai vicino a mio padre e gli dissi: “Papà guarda! Sono bruciate le figurine ma non la Parola di Dio”. Lui mi abbracciò e non disse una parola. Ancora oggi rivedo quella scena nella mia mente. Eravamo scherniti ed insultati e se un bracciante si convertiva, correva il rischio di non trovare più lavoro. Ad esempio ricordo che in una località, dove la chiesa cattolica aveva molte proprietà che affittava ai contadini, se uno diventava evangelico, gli veniva tolto immediatamente il terreno che coltivava. Per chi aveva famiglia emigrare all’estero era l’unica soluzione. Questo è stato anche uno dei motivi per cui Faeto si è spopolato. Quando andavo a scuola era qualcosa di penoso. Facevo la prima elementare e avevo come insegnante la sorella del parroco. Lei pretendeva da me che mi facessi il segno della croce e che baciassi il crocifisso. Sapeva che ero evangelica, papà aveva parlato più volte con lei, ma non c’era stato niente da fare. Sapete cosa faceva? Bacchettate alla presenza di tutta la scolaresca che poi mi derideva e tanti pizzicotti. Avevo tutte le braccine livide. Papà dopo aver parlato e riparlato con lei mi tolse dalla scuola facendomi continuare da una maestra privata. Per le finanze della mia famiglia fu un bell’impegno, ma lui ci teneva.»

 (Testimonianza di Antonina Figliola)

«I vecchi fratelli mi raccontarono che una volta tornando dalle campagne a Faeto s’imbatterono in una processione e qualcuno di loro disse: “Poveri asini che vanno dietro ad altri asini.” Aveva il cappello in testa e non se lo volle togliere, allora i carabinieri intervennero e lo portarono in caserma. Episodi simili erano frequenti.»

(Testimonianza di Michele Arcangelo Santosuosso)

«Ricordo bene quando durante la guerra chiusero la chiesa, presero tutte le Bibbie e le portarono a bruciare». Avevo otto anni. Le portarono al cimitero e le bruciarono. I carabinieri, il vigile, sequestravano le Bibbie di casa in casa. Mia nonna andava da altre sorelle, si chiudevano in casa e pregavano. Erano anni di persecuzione e loro pregavano per Faeto. Il vigile lo sapeva e veniva spesso a domandarmi: “Dove sta tua nonna? e tieni i cantici?” (Il libretto.) “E che ne so? ” “Io salgo sopra e vengo a vedere.” “Tu non sali, qui non c’è nessuno, noi siamo tutti bambini e tu ci fai paura.” Ci minacciava, ci metteva paura. “Voi andate all’inferno, poi i carabinieri vi vengono a prendere.” Quando ritornava la nonna, gli raccontavamo: “Nonna, è venuto il vigile e ci ha detto queste cose.” “No, non abbiate paura che loro non possono fare niente.” Da mia nonna venivano anche le suore che volevano convincerla a ritornare al cattolicesimo, ma lei rispondeva sempre: “Quando avrete ripulito per bene la chiesa, allora verrò di nuovo.” “Ma come è tanto bella pulita, abbiamo pure messo la tovaglia sull’altare, tutta bella ricamata, abbiamo messo i fiori.” “Non avete pulito niente, togliete tutti quegli spioni che stanno nella chiesa e allora io ritornerò.” Loro si scandalizzavano e se ne andavano via. Ricordo di un parroco che chiese scusa agli evangelici per quello che aveva fatto, fu Don Paolo Campanile. Non era del livello di Don Nicola Salandra, ma incitava ugualmente i ragazzi ad andare a tirare le pietre in chiesa evangelica o a insultare gli ufficiali quando venivano da fuori. Poco prima di morire, fece chiamare l’ufficiale in servizio a Faeto e si pentì chiedendo perdono per tutte le cattiverie che aveva fatto. Don Paolo fu parroco durante la guerra. Don Nicola Salandra che gli succedette, invece era arrogante, pensava di essere chissà chi. Lui era molto istruito e poiché a Faeto pochi sapevano leggere e scrivere, si sentiva un gradino più in alto. Teneva Faeto ai suoi ordini. Quando c’era un matrimonio a Faeto si faceva la sfilata (solo i giovani a coppie) dietro la sposa e poi tutti salivano sull’altare. Una volta m’invitarono, avevo 15 anni. Don Nicola Salandra nel vedermi disse: “No, no, ci stanno gli evangelici, loro non devono salire sull’altare.” Un parente dello sposo intervenne dicendo che poiché lui era comunista lo avrebbe riempito di botte se continuava con questa storia degli evangelici. “Se non fai salire quella ragazza lì sopra, vedi che la chiesa oggi te la faccio chiudere.” Don Nicola si zittì e non disse più niente. Poco tempo dopo ci fu un altro matrimonio e andò a sfilare il figlio di una evangelica. Don Nicola nuovamente si oppose: “No, no, io non posso celebrare la messa, non posso dare la comunione perché c’è un evangelico”. “Deve uscire.” Ma questo giovane rispose:“Io non esco.” “Io non posso dare la comunione e non posso officiare, non posso prendere il calice e mettere Gesù fuori di là”. (Si riferiva al contenitore delle ostie.) E quel giovane: “E tu saresti quell’uomo che apre e chiude Gesù dentro quella cascitella?” Don Nicola si infuriò. “Io chiamo i carabinieri.” Dovette intervenire un parente: “Senti facciamola finita, se no oggi chissà che ne esce.” Se lo prese con le buone e se lo portò fuori dalla chiesa. Salandra si vendette San Prospero, il protettore di Faeto. Poiché ci sono molti emigranti faetani in U.S.A. che si radunavano per la festa di San Prospero senza avere il santo, decisero di comperarsi la statua. Don Nicola accettò, ma quando si venne a sapere, in paese scoppiò una “guerra”. Dovettero intervenire i carabinieri. I fedeli non lo facevano più entrare in chiesa. Per placare gli animi fece portare da Troia un santo che aveva l’accetta sulle spalle ma i faetani gli dissero: “Questo spaccalegna lo rimandi di nuovo a Troia.” Dovette far fare un’altra statua di San Prospero e andò dicendo che l’aveva fatta ritornare dall’America, ma era una bugia.»

 (Testimonianza di Antonietta Franza)

«L’E.d.S. a Faeto ha fatto molto. Per esempio dopo la guerra venivano gli aiuti dagli U.S.A. e l’E.d.S. li distribuiva gratuitamente. La mattina facevano caffè e latte e lo davano alla gente. Ci sono andata anche io a prenderlo. La scuola domenicale contava 70‐80 bambini, non erano tutti figli di evangelici, molti venivano da famiglie cattoliche. I bambini venivano da noi e imparavano i cantici della Bibbia. I genitori erano contenti e li mandavano anche se non erano evangelici.» «Si cercò di portare la testimonianza nei paesi vicini. Si andò a Castelluccio Val Maggiore ma non fummo bene accolti al punto che qualcuno durante l’evangelizzazione iniziò a tirare delle pietre. A Celle tenemmo un’adunanza pubblica nella piazza principale, ci lasciarono fare ma a fine adunanza il sindaco chiamò l’ufficiale in disparte e gli disse: “Qua non dovete venire più.” Negli anni ’50 eravamo oltre un centinaio tra membri e simpatizzanti. Durante il periodo della guerra la vita fu dura. Non c’era modo di radunarsi, si facevano solo delle piccole riunioni in casa. I culti pubblici li riprendemmo dopo la liberazione. Iniziammo nelle case, poi si prese una sala molto grande, dove tenevano adunanze che erano talmente gremite di gente che le mura “sudavano”. Negli anni ’50 si costruì la chiesa attuale ma nel frattempo molti iniziarono a emigrare.»

 (Testimonianza di Michele Arcangelo Santosuosso)

Nel 1950 si formò anche un gruppo di evangelici pentecostali che purtroppo ebbe vita breve. «C’era un predicatore di cognome Brigante che veniva da Troia. Ci piaceva molto come predicava l’Evangelo, anche se per noi salutisti vi era difficoltà a comprendere il dono delle lingue. A noi quel modo di pregare, di fare, ci scioccava un po’. Prima di lui era venuto uno dall’America che nella sua famiglia aveva iniziato a predicare l’Evangelo. Si era convertito in una chiesa pentecostale in U.S.A.. Il prete di allora, Don Nicola Salandra li aveva soprannominati i tremolanti. Tra noi erano ben accolti e benvenuti su tutto, non c’era nessun contrasto, ma la chiesa cattolica con questo parroco gesuita molto zelante, (io stesso ho avuto a che fare con lui e non era un tipo facile) riuscì a impedire ai pentecostali di fare il culto, li denunciò alle autorità e dovettero smettere ogni riunione. Siamo agli inizi degli anni ’50, quando i pentecostali in Italia erano ancora perseguitati. Ma Brigante quando veniva a predicare nella nostra sala, non potevano proibirglielo pur essendo un pentecostale. Salandra e Brigante erano entrambi di Troia e si conoscevano. Brigante veniva in moto da Troia, e a volte si attardava con i giovani. Una sera si attardò un po’ troppo. Era buio. Io penso che in quello che sto per dire ci fu anche la mano di Salandra. Fu steso per la strada un filo di ferro, all’altezza del collo. Brigante correva con la moto e si prese una bella botta. Cadde per terra. Per fortuna non ci furono conseguenze gravi ma lui continuò a venire lo stesso con il collo fasciato a predicare in chiesa. Gli ufficiali lo lasciavano tranquillamente predicare. Il gruppo pentecostale di Faeto quando fu sciolto contava una ventina di persone. Alcuni erano dell’E.d.S. e ritornarono a frequentare la nostra chiesa, altri emigrarono, qualcuno si raffreddò, ma la maggioranza rimase fedele all’Evangelo. La chiesa pentecostale di Faeto durò per più di un anno. Il cantico che cantavano e che mi fu insegnato da questo dell’America diceva: “Deh vieni fratello caro, deh vieni al buon Gesù, accettalo e donagli il cuore, un dono avrai lassù. Non dire un altro giorno, il domani non è per te…” Ad un certo punto Brigante smise di venire a Faeto, forse perché non riuscì a ricreare un gruppo pentecostale.»

 (Testimonianza di Michele Arcangelo Santosuosso)

«Negli anni ’50 a Faeto i pentecostali avevano iniziato a radunarsi, c’erano due ragazzi che andavano a Troia al culto e che poi avevano iniziato a fare delle riunioni a Faeto. Uno di questi due ragazzi si chiamava Pasquale, l’altro non ricordo. Iniziarono a fare delle riunioni in casa, ma chi andava a vedere il loro culto rimaneva sconcertato per il loro modo di pregare. Una sera capitò che mentre pregavano cadde del sale nel fuoco, una saliera era appoggiata sul camino, ed iniziò a scoppiettare. Presi dalla paura scapparono tutti i presenti e rimasero solo quei due. Nessuno volle più andare al culto pentecostale. Ho sentito dire che questi due ragazzi iniziarono a venire nella sala dell’E.d.S. e durante la preghiera iniziarono a gridare, a tremare (loro dicevano che era lo Spirito Santo che li ispirava) ed allora gli ufficiali dovettero riprenderli: “O state calmi o non vi vogliamo più.” E loro non vennero più, poi se ne andarono da Faeto e non ho saputo più nulla di loro.»

 (Testimonianza di Giuseppina Tangi)

Da quanto abbiamo potuto comprendere, i tentativi di formare un gruppo pentecostale in paese furono tre: il primo, per mezzo di un emigrante dagli U.S.A. fu osteggiato dal parroco; il secondo per mezzo di due giovani faetani fallì a causa dalla loro stessa immaturità spirituale; il terzo, per opera del predicatore Brigante non ebbe semplicemente seguito. L’emigrazione ha flagellato Faeto che è passata dai cinquemila abitanti del primo novecento agli attuali seicento. Questo enorme spopolamento ha avuto conseguenze nefaste anche sulla chiesa evangelica che nel 2003 con la morte degli ultimi anziani si è estinta. Essa “riprende vita” solo nei mesi estivi quando alcuni fratelli ora residenti altrove vi ritornano per le vacanze. Ma non tutto è ancora perduto! Due giovani sorelle, con sincero spirito di consacrazione e servizio al Signore, da alcuni anni durante le loro ferie estive dedicano il proprio tempo di riposo nel realizzare “Estate Ragazzi”, una sorta di scuola domenicale estiva che vede coinvolti tutti i bambini di Faeto. Pur trattandosi di bambini appartenenti a famiglie non di fede evangelica, i loro genitori ben memori dei benefici che la comunità faetana ha da sempre ricevuto per mezzo degli evangelici, si dimostrano ben disposti ad affidare i loro pargoli a questa lodevole iniziativa. La redazione è decisamente convinta che il lavoro svolto con tanto amore e dedicazione da queste Petit Pierre del nuovo millennio lascerà certamente un seme che non tarderà a portare il suo frutto e si potrà nuovamente constatare che l’Opera dell’Evangelo a Faeto non è ancora soltanto un ricordo.

L’Informatore Evangelico Anno V n. II