Troia sorge sul dorsale di una stretta collina (439 s.l.m.) tra l’assolata piana del Tavoliere e le verdi valli in cui dolcemente digradano i monti del Preappennino Dauno Meridionale. Le sue origini sono antichissime. Fondata agli albori dell’XI sec., essa inglobò tra le sue mura una preesistente “città vecchia” le cui origini si perdono nella notte dei tempi.

La cittadina custodisce numerosi tesori artistici che ne fanno uno dei più affascinanti borghi medioevali di tutta l’Italia meridionale. Troia sino agli inizi del novecento è indicata come Troja, dal 1019 prende il nome di Troia.
Conta 7.195 abitanti.

Giovanni Lizzi nasce a Troia, il 17 Marzo del 1898 in una semplice e umile famiglia, terzo di quattro figli: Leonardo, Eleuterio, Giovanni e Antonietta. Lizzi, si recava in campagna con il carretto e l’asino per comprare la paglia nei sacchi per poi rivenderla ai fornai; faceva qualunque lavoro pur di guadagnare qualcosa per aiutare la famiglia. All’età di vent’anni, emigrò in America come molti italiani in cerca di fortuna. Fu ospitato da una famiglia cristiana evangelica, di suoi compaesani molto zelanti, residenti da qualche tempo a Filadelfia. Giovanni fu colpito dal loro comportamento e apprezzava il loro modo di servire Dio, partecipava alla preghiera e ascoltava con interesse la Parola di Dio.

Dopo un po’ di tempo, per motivi di lavoro, si trasferì in un’altra città e non pensò più alle cose di Dio, il suo sogno era di mettere dei soldi da parte per il suo avvenire e questo si stava avverando.
Una notte mentre dormiva, fu destato da una voce che gli disse: “Giovanni alzati, esci da questa casa! Giovanni si svegliò pensando che fosse un sogno, ma anche da sveglio continuava a sentire la voce che gli ripeteva “Giovanni esci da questa casa!”. Allora disse: “Ma chi parla? Chi sei?” E la voce: “IO SONO Gesù che ti parla! Esci, da questa casa, altrimenti perderai la tua vita!” Giovanni rispose: “Signore, dove vado alle due di notte?” la voce gli disse: “Sul tavolo c’è un biglietto con l’indirizzo della casa, dove andrai”.

Giovanni confuso, impaurito, lesse il biglietto e vide che l’indirizzo era quello della sorella Giuseppina Iannelli che lo aveva ospitato quando arrivò a Filadelfia. Egli, replicò “Signore, a quest’ora è pericoloso uscire”, ma la voce continuava a ripetere con insistenza: “Esci, subito dalla casa!” Così egli, prese il biglietto, afferrò il cappotto e uscì. Davanti alla porta di casa trovò due guardie che gli chiesero: “Amico dove vai a quest’ora di notte?” Giovanni rispose: “Vado alla stazione, devo partire per una cosa urgente, mi fareste il favore di accompagnarmi? È pericoloso attraversare il bosco di notte; potrei incontrare persone della malavita”. Questi acconsentirono. Arrivati alla stazione Giovanni voleva ringraziare le due guardie, per averlo accompagnato ma, nel voltarsi, non le vide più. Erano due angeli mandati dal Signore. “L’Angelo del Signore si accampa intorno a quelli che lo temono e li libera” Salmo 34:7.

Nonostante la confusione e lo smarrimento Giovanni salì sul treno e si mise in viaggio.
Il mattino seguente apprese dai giornali, che nella casa dove lui abitava erano andati i ladri a rubare e capì, per quale ragione il Signore lo aveva svegliato nel sonno e portato fuori dalla casa; era per proteggerlo! Giunto a casa della sorella Giuseppina Iannelli, raccontò nei minimi particolari quanto gli era accaduto. I fratelli furono molto sorpresi del racconto, ma, essendo più maturi nella fede, lo rassicurarono che il Signore voleva rivelargli qualcosa di molto importante. Gli dissero che l’avrebbero aiutato con la preghiera a comprendere qual era la volontà di Dio per la sua vita. Ogni giorno organizzavano delle riunioni di preghiera, il Signore non mancava di intervenire con la Sua potenza e con le sue benedizioni. Intanto il giovane Lizzi si fortificava e si avvicinava sempre di più a Dio. Un giorno, durante una di queste riunioni di adorazione, il Signore si servì della piccola Maria una bambina di sette anni, figlia della sr. Giuseppina, che, profetizzò in lingua italiana dicendo: “Giovanni, Giovanni! Tu andrai in Italia, annuncerai il mio Evangelo al tuo paese”.

Mentre la bambina dava il messaggio in lingue, (parlava solo l’inglese), contemporaneamente Lizzi, in visione, vide la nave che da New York lo portava al porto di Napoli avendo con sé degli attrezzi da lavoro: pala, martello, carriola, cazzuola attrezzi necessari per la costruzione di una chiesa.

A voce udibile il Signore, gli parlò: Giovanni, tu andrai, in Italia, sposerai una donna che ti perseguiterà per tutta la vita e alla fine dei suoi giorni si convertirà.
Giovanni risoluto, pieno di zelo ubbidì alla voce del Signore e partì per l’Italia.
Durante il viaggio, non faceva altro che pensare come il Signore gli aveva cambiato la vita facendo di lui “Una nuova creatura.” Il Signore dice: «I miei pensieri, non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie». Isaia 55:8. Dio lo aveva arricchito spiritualmente affidandogli il messaggio della Parola «che è potenza di Dio per la salvezza d’ogni credente» Rom.1:16.
Era l’anno 1925 quando Lizzi rientrò in Italia. Giunse a Troia nel suo paese nativo, ripieno di Spirito Santo, iniziò la sua missione con entusiasmo rivelando con semplicità e con franchezza ad amici e parenti il messaggio della Verità.
I preti, quando seppero, che Giovanni divulgava l’Evangelo, iniziarono ad ostacolarlo con ogni mezzo.
Lizzi non si aspettava tanta contrarietà da parte del clero, in quanto, pensava di fare cosa buona e gradita a Dio, egli stava ubbidendo a Dio!

Per il fratello iniziò un periodo difficile, una vera e propria persecuzione; gli vietarono di leggere e di parlare della Parola di Dio alle persone, affermando che solo loro potevano leggere ed esporre le Sacre Scritture al popolo perché erano letterati e teologi. Lo sgridarono severamente e gli vietarono di parlare più della fede. Anzi doveva abiurare la sua fede. Il fratello non si curò del divieto fatto dai preti.
Con decisione e fermezza continuò la sua missione «Io so in chi ho creduto» «bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini». Atti 5:29

L’ubbidienza è l’adesione alla Parola con la quale Dio rivela e comunica se stesso, attraverso il quale rinnova ogni giorno la sua alleanza d’amore manifestando la Sua gloria! In quell’epoca, tutti cristiani che decidevano di seguire Cristo, erano pronti a soffrire per il Maestro, accettavano la prova con gioia come adempimento del piano di Dio per la salvezza delle anime.
Lizzi, per amore delle anime perdute era disposto a sopportare il disprezzo e il vituperio. Una sera mentre rientrava un branco di giovani mandati dai preti, gli saltò addosso picchiandolo a sangue e lasciandolo tramortito a terra.
I dittatoriali, continuavano a fargli guerra, con mezzi coercitivi, minacciandolo di morte, gli tolsero la Bibbia. Lizzi era un giovane solo a dover combattere e affrontare tanta opposizione, stanco e scoraggiato consegnò loro la Bibbia che gliela bruciarono con soddisfazione sulle scale della Cattedrale, davanti a testimoni che in seguito divennero figliuoli di Dio. La persecuzione per il fratello Lizzi continuava, macontinuava anche il suo ministero. Una sera verso la mezzanotte mentre rincasava dopo essere stato in una famiglia a parlare del Signore, due uomini armati di pistola lo seguivano. Le strade erano buie e senza luce e poteva essere facile preda per i malviventi.

L’indomani mattina, Lizzi fu avvicinato dai due individui che gli chiesero: ieri sera noi dovevamo ucciderti siamo stati impediti, abbiamo avuto paura di colpire l’altro, con chi andavi? E Lizzi, con nessuno! Noi ti abbiamo visto in compagnia di un uomo Chi era? Era Gesù a proteggermi da voi! Egli non mollò. Era avvilito, pensò di far calmare le acque e aspettare tempi migliori per riprendere la sua missione. Si diede al lavoro e sposò Amelia Farina, una giovane del suo paese, di cui ebbe due figli: Costantino e Antonietta.
Lizzi, nella stalla sotto la sua abitazione, si riuniva insieme ai suoi fratelli in carne e ai parenti convertiti, che in precedenza gli avevano fatto guerra, per lodare, il Signore. Il gruppo era molto fervente e nuove anime si aggiungevano.

Gli anni passavano, il Signore gli ricordava di annunciare il messaggio che gli aveva affidato in America. Giovanni non aveva dimenticato il suo impegno.
Sentiva il peso e la responsabilità di far conoscere la verità, ma non sapeva come fare a riprendere la missione. Egli pregò Dio di rivelargli come doveva agire, chiedeva un segno. Dio che conosce il cuore e sapeva qual era il suo desiderio, gli spianò la strada, facendogli incontrare le persone idonee da evangelizzare.

Lizzi aveva instaurato un rapporto di amicizia con un gruppo di uomini cattolici praticanti ed era solito aspettarli davanti alla chiesa, alla fine della messa per discutere su argomenti inerenti alla loro fede. Iniziò a riflettere e Dio lo ’illuminò: “È dalla chiesa cattolica che trarrò le anime al Signore! Si! Proprio dal fulcro dell’idolatria, Dio mi spianerà la via e mi darà la vittoria nel far conoscere la sua Parola”. Deciso chiese al parroco un luogo, dove poter pregare e gli concesse una stanza nella sacrestia; limitando l’uso di questa dalle ore quattordici alla quindici quando nella chiesa non c’era nessuno. La sacrestia divenne il luogo d’incontro con gli amici, e fu così che, durante queste riunioni, ricominciò a parlare della Parola di Dio, leggendo le Sacre Scritture, emergevano sempre nuove verità a loro sconosciute ed era motivo per approfondire la conoscenza biblica.

Tra questi religiosi c’erano: Antonio Barile, Angelo Bortone, Peppino Pannacciaro,Giovino, Brigante, Giuseppe Iannelli, che manifestavano grande interesse nelconoscere la verità. Alle loro domande, Lizzi rispondeva con versetti biblici: sull’adorazione delle immagini, la confessione, il battesimo fatto ai bambini, la comunione, la cresima dei ragazzi, ecc. Nella loro religione c’erano solo regole e tradizioni, ma la storia del sacrificio di Gesù che ha sacrificato la sua vita per noi, era molto toccate e volevano approfondirne di più la conoscenza.

Monsignore venne a sapere delle loro riunioni, un giorno andò di persona per sorprenderli e per ammonire Giovanni: “Giovanni cosa hai detto oggi ai fedeli?
Che cosa ho detto?
Gli ho parlato della verità” mostrando la Bibbia: “Questa è Parola di Dio” e monsignore replicò: “Lo sai che dobbiamo portare il popolo alla conoscenza piano piano.
Giovanni alzando il tono della voce disse: “Voi portate il popolo in perdizione, sono venti secoli che dite menzogne al popolo”.
Per i preti fu chiaro che il gruppo non frequentava più la chiesa cattolica ma seguiva l’insegnamento evangelico. Questi fecero di tutto per dissuaderli dall’ascoltare e dal credere quello che Lizzi insegnava, ma loro risposero che era scritto nella Bibbia ed era Dio che parlava loro facendo conoscere le verità tenute nascoste.

Il fr. Antonio Barile, mise a disposizione una stanza a casa sua, dove potevano riunirsi tranquillamente per celebrare il culto al Signore. Dio li fortificava, li incoraggiava e confermava che questa era la giusta via da seguire. Dopo il culto si radunavano nelle case per continuare a lodare. Una sera, in casa del fr. Antonio Barile il Signore si manifestò con potenza, battezzando dodici giovani nello Spirito Santo.

Era la prima volta che il fr. Antonio era presente a questa manifestazione, impaurito, mandò subito a chiamare il fratello Lizzi, che lo rassicurò dicendo di non preoccuparsi perché quello che stava accadendo era l’adempimento della Parola: “Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi” (Atti 2:4).
Ormai Lizzi non era più solo. Il Signore, che non lascia mai incompleta l’opera Sua, stava portando a termine il Suo piano di salvezza nel paese.
In poco tempo, una quarantina di persone si convertirono. Due anni dopo, nel mese di agosto del 1947, tredici persone furono battezzate nel fiume Montevergine vicino Troia. Il gruppo cresceva, la testimonianza si diffondeva. In breve tempo, quasi tutto il paese fu evangelizzato e molti credettero. Anche se i contrasti continuavano Il fuoco della Pentecoste, divampava e nessuno poteva fermarlo.

La buona novella è stata sparsa come il grano sul terreno Luca 8:11.
La casa era diventata insufficiente per contenere i credenti, occorreva un locale di culto più grande, non si poteva né acquistarlo per mancanza di risorse finanziarie, né affittarlo perché il paese era ostile, ma il Signore, aveva già provveduto un luogo.
Usò di nuovo la sr. Giuseppina Iannelli dell’America; avendo saputo dell’opera di salvezza che il Signore stava facendo, donò la casa, che aveva a Troia per farne un luogo di adorazione al Signore.
Con qualche modifica, il locale fu pronto ad accogliere la comunità. Si stabilirono delle giornate per le riunioni di culto e di preghiera, si organizzò la Scuola

Domenicale. Il desiderio di lodare Dio era crescente in tutti i fedeli. Il Signore li fortificava. La Sua presenza era tangibile, ben centoventi credenti riempirono il locale di culto. Ci fu un grande risveglio e tutti testimoniavano della potenza di Dio ai loro compaesani.
Per la fede e la tenacia di un uomo nacque la comunità a Troia.

Lizzi, fu chiamato a diffondere il messaggio della Pentecoste per far conoscere la sana dottrina. Il risveglio Pentecostale è nato dalla preghiera, dall’amore per la Parola di Dio, dalla guida e dalla potenza dello Spirito Santo e da una vita santa.
Amelia, moglie di Lizzi continuava a essere ostile alla sua fede più del clero. Giovanni era molto paziente con lei, conservava nel cuore le parole udite dal Signore e aspettava l’adempimento della promessa di Dio che l’avrebbe salvata.

La moglie aveva tante patologie, ma non si era mai arresa nelle mani di Dio.
Tre giorni prima della sua dipartita; verso mezzanotte, svegliò il marito, dicendo: “Giovanni, vai a chiamare i fratelli e le sorelle perché Dio mi ha parlato. Ho udito la Sua voce! Voglio battezzarmi, desidero accettare Gesù! Il fratello chiamò i parenti e alcuni convertiti e ringraziarono Dio per la sua conversione.
Amelia chiese perdono ai fratelli che aveva schernito. Confessò al marito che un’amica gli aveva suggerito di avvelenarlo con una torta, ma il Signore non l’aveva permesso. Alla terza notte verso mezzanotte in piena lucidità mentale Amelia s’involò verso il cielo, glorificando Dio. Aveva quarant’otto anni.

Il fr. Lizzi è stato il primo pastore a Troia. Era un pastore itinerante, predicava la parola sia nella comunità sia nella provincia di Foggia. Spesso si recava a Torino, dove abitavano la figlia Antonietta e sua sorella.
Negli ultimi tempi della sua vita fu colpito da una grave malattia, sua figlia Antonietta lo accudiva, la famiglia era numerosa e la casa era piccola.
La famiglia Esposito, conosceva il fratello perché spesso era loro ospite.
La sorella Angela Esposito abitava in una grande villa a Pinerolo e vedendo la difficoltà della figlia Antonietta, volle prendersi cura del fr. Giovanni e l’ospitò nella sua casa per otto mesi fino alla sua dipartita, dandogli l’affetto e l’amor fraterno che si darebbe ad un padre.

Al suo funerale ci fu una grandissima partecipazione di fratelli e sorelle. La chiesa A.D.I. era insufficiente per contenere tante persone, i funerali furono fatti dal pastore Antonio Santoro nella chiesa valdese a Pinerolo.
All’età di ottantasei anni, l’11 novembre del 1984 Lizzi s’involò per il cielo.
La salma fu traslata nel cimitero evangelico a Troia.

Beato l’uomo che sopporta la prova; perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che lo amano.
Giacomo 1:12

Maria Torraco

  1. Testimonianza raccolta dalla figlia Antonietta Lizzi e da Emma figlia di Antonio Barile
  2. Risveglio Pentecostale n. 5 – 1949 pag. 19 e 20.

Funerale moglie di Giovanni Lizzi

«È meglio il giorno della morte che quello della natività»

Le parole del titolo, prese da Ecclesiaste, cap. 7, sono giustificate nel caso in cui la morte avvenga nella grazia, anche dopo una vita di peccato; nel caso in cui l’uomo, dopo aver lungamente errato per vie tenebrose, trovi la luce e in essa si avvii prima di morire. Tale fu la sorte di molti, che finirono bene la loro vita, convertendosi a Dio lasciando l’errore e il peccato. Per costoro il giorno della morte è stato migliore di quello della loro natività e la fine della loro opera è stata migliore del principio di essa.

Ricordiamo Saulo da Tarso, divenuto il grande apostolo Paolo: Dottore ed Apostolo delle Genti. Ricordiamo anche quel ladrone che fu crocifisso con Cristo e finì le sue tragiche ore nella grazia divina, per il suo pentimento e la confessione a Cristo dei suoi peccati.

Questo fu detto e predicato a tutto il paese di Troia (Prov. di Foggia) nell’indimenticabile funerale della moglie del fratello Giovanni Lizzi. Anziano della chiesa di Troia, che si convertì alla fede nostra, cioè a Cristo Gesù alla fine della sua vita. Era stata rabbiosamente nemica di Cristo e del suo Evangelo; aveva perseguitato con ingiurie e bestemmie il marito; si era resa complice dei criminali del paese, dei preti, dei frati, delle monache, per tramare contro la verità dell’Evangelo, e con una delle sue amiche bigotte aveva progettato financo un avvelenamento, di cui doveva essere vittima un nostro fratello in fede, marito di che lo voleva avvelenare. Aveva insultato i Ministri dell’Evangelo, che venivano a trovare in casa, e ciò faceva, pur sapendo di perseguitare la verità, volutamente, deliberatamente, come ebbe a dichiarare al nostro fratello in fede Giancaspero, anziano della Chiesa di Triggiano, pochi giorni prima di morire nella grazia. Il marito di lei Giovanni Lizzi, tutto sopportava, per aver avuto anni prima una divina rivelazione che alla fine della sua vita essa si sarebbe ravveduta e convertita, glorificando Dio, e così fu.

Quando il furore della sua inimicizia verso Cristo e a pro dei preti raggiunse il limite massimo, essa fu colpita a un piede da un malignissimo e violentissimo cancro, che si diffuse a tutta la persona, uccidendola in pochi giorni. Quando fu colpita da tale flagello, comprese subito di essere quello il meritato castigo, mandatole da Dio. Lo dichiarò ad alta voce, con lacrime di pentimento: chiese perdono a suo marito, a suo cognato e alla sua cognata e a tutti i fratelli e le sorelle della fede nostra che aveva vituperati e ingiuriati; chiese perdono all’Anziano Giancaspero di Triggiano; chiese di essere unta con l’olio nel nome del Signore e di gustare la Comunione col Pane  e del Calice la commemorazione della morte espiatoria di Cristo Gesù, coi fratelli che aveva offesi. Fino all’ultimo istante della sua vita esortò con chiarezza di mente e di voce le parenti cattoliche romane e le sue vecchie complici della iniqua persecuzione a ravvedersi, per scampare l’anima loro dalla dannazione; volle da me e dal marito sempre lette le parole di vita eterna, e spiegate presso il suo capezzale; richiese di continuo che si pregasse per lei mentre essa lodava il Signore per l’avvenuta sua conversione, manifestando con viso raggiante una felicità sovrumana. E spirò pregando e lodando Dio.

Il suo funerale avvenne la domenica del 12 dicembre 1948, nell’unica giornata radiosa di quel mese; giornata primaverile; senza vento, senza nuvole, senza freddo. Il popolo di Troia meravigliato della sua conversione della più maligna complice dei preti, partecipò in massa al funerale, precedendo, fiancheggiando e seguendo il lungo corteo funebre di fratelli e sorelle in fede della nostra chiesa di Troia e di vari paesi vicini e lontani venuti appositamente per l’occasione.

Mai per l’addietro era stato visto un funerale senza preti e con corteo formato di uomini e donne, precedute da giovinette portanti motti biblici a grandi caratteri, incorniciati da fiori freschi. La bara era portata a spalla da giovani della nostra fede.

Il corteo attraversò tutta la via centrale del paese, da un’estremità all’altra fino al cimitero, ove il popolo arrivato in anticipo trovò con meraviglia il cancello principale di entrata chiuso per ordine del sindaco: ma quando giunse il corteo col feretro, il popolo tutto del paese cominciò a mormorare dolendosi ad alta voce del fatto. Dopo qualche momento di indecisione giunsero i carabinieri che imposero ai guardiani d’aprire i cancelli immediatamente.

Alla fina fu recitato il Padre Nostro, a cui partecipò tutto il popolo, edificato e compunto nel cuore. A Dio tutta la gloria!

                                                                                                             V. M.