Immerso nel verde, il borgo di San Marco la Catola sorge, con i sui mille abitanti, in provincia di Foggia, in un territorio dal profilo geometrico irregolare, che presenta differenze di altitudine accentuate: in alcuni punti si raggiungono, infatti, i 901 metri di quota.

San Marco la Catola deve il suo nome a San Marco Evangelista e al torrente Catola, unendo nel suo toponimo tradizioni e territorio.

Le origini del borgo risalgono al medioevo ma non vi sono notizie certe sui suoi fondatori.

Nella parte alta del paese è possibile visitare Palazzo Ducale, risalente al XIV secolo, e fino al 1821 fu di proprietà della famiglia Pignatelli. In seguito fu acquistato da Francesco Ferrara, che fece operare molti interventi di consolidamento e restauro alla struttura originale. 

La parte più antica del borgo si è sviluppata intorno al castello, che regala delle vedute meravigliose.

La sorella Angela Greco, ci rende partecipi di come è nata la testimonianza pentecostale a San Marco la Catola.

Vicino alla sua abitazione dimorava la famiglia Michele Lembo, che aveva dei parenti convertiti in America; dalla loro corrispondenza epistolare nacque il desiderio di conoscere Gesù. A Troia (Fg) vi erano dei fratelli ripieni dello Spirito Santo che annunciavano l’Evangelo, i quali invitarono Attilio Di Gennaro per somministrare loro la Parola.

Siamo negli anni 48 – 50.

Attilio insieme al fr. Nicola Sansonetti di San Paolo di Civitate, con una moto (regalatagli dai fratelli Franco Fortunato e Giuseppe Iannelli dall’America), si recava in casa della famiglia Lembo, in corso Garibaldi,  per proclamare l’Evangelo. Leggeva la Parola, la meditava e pregavano. Molte persone accorrevano ad ascoltare l’Evangelo. La casa non li poteva contenere tutti, così alcuni dovevano restare fuori. Dopo un po’ di tempo il nucleo dei credenti si spostò in casa del fratello Fandetta, in via Cairoli .

Episodio

La famiglia Barrea di Tufara (Cb) si trasferì a San Marco la Catola. La figlia Giuseppina, sedicenne, partecipava alle riunioni di culto. I genitori Saverio e Maria Giacinta erano contrari, desideravano che la figlia diventasse suora. Il padre, la mattina seguente, punì la figlia picchiandola a sangue con la cinta dei pantaloni sulle gambe e sulle ginocchia tanto da lasciare visibili i segni delle ferite.

Giuseppina, piangendo andò a rifugiarsi in cantina, s’inginocchiò e supplicò l’Eterno dicendo: “Vedi che mi ha fatto mio padre? Dio, non permettere, che m’impedisca di servirti!” e mentre pregava intensamente lo Spirito Santo scese su di lei.

Pregò tutto il giorno fino a sera. Prima che i genitori tornassero dai campi, in pochi minuti preparò la pasta fatta in casa e per nascondere le ferite che il padre le aveva procurato indossò delle calze nere pesanti.

La sorella Assunta Fandetta, andò a chiamarla per la riunione di culto; suo padre con calma le disse: “Puoi andare, te la puoi portare!”

Attilio udendola parlare in lingue disse: “Oggi la sorellina è stata battezzata nello Spirito Santo, gloria a Dio!”

Per i credenti il parlare in lingue era un dono sconosciuto, perché Attilio non ancora aveva parlato loro dell’esperienza della glossolalia. Quella sera ebbe l’opportunità di parlare ampiamente dello Spirito Santo. Durante la preghiera Giuseppina continuò a glorificare Dio in lingue, tutti furono benedetti e alcuni furono battezzati. La comunità era di circa venticinque credenti zelanti, in breve tempo diversi vollero fare patto con il Signore battezzandosi nelle acque del torrente Catola di San Marco, per testimoniare della loro fede in Cristo, tra questi il fr. Antonio Milo insieme alla sr. Giuseppina Barrea.

I fratelli Attilio e Nicola Sansonetti celebrarono il servizio battesimale ai neofiti. Dio continuava a benedire aggiungendo nuove anime alla comunità, fra queste, Giovanna la sorella di Giuseppina e col passar del tempo i suoi nonni e gli ostinati genitori (Maria Giacinta Colagrossi e Saverio Barrea) battezzandosi poi nella comunità di San Severo.

Dopo circa tre anni la comunità si spostò in casa di un’altra sorella.

Attilio Di Gennaro è stato il primo pastore itinerante a portare la Parola a San Marco la Catola.

Nel 1951 il fr. Giovanni Ricciardi, marito di Angela Greco, sostituì Attilio Di Gennaro fino al rientro da Roma di Antonio Milo (1957).

Milo, nel lontano 1954 sposò la sorella Giuseppina Barrea. Nel 1955 andò a Roma a frequentare il corso di formazione biblica per due anni.

Tornato da Roma, dal 1957 al 1972 successe al fr. Giovanni Ricciardi, curò la comunità di San Marco la Catola.

Per un certo periodo, fu affittato un locale di culto confacente al loro caso in Via Inforzi, poi si trasferirono in un nuovo locale in via Cairoli 1975 al 1980.

La comunità viveva un periodo di grande benedizione, ma anche di grande persecuzione dovuta alla circolare Buffarini  Guidi.  Durante il regime fascista, le autorità e il clero perseguivano la libertà di culti religiosi che non fossero quello riconosciuto dallo stato.

Nel secondo dopo guerra, le vessazioni e l’ostinatezza contro i pentecostali continuavano anche quando il nostro paese aveva acquistato la libertà di manifestare pubblicamente la sua fede. Il parroco del paese continuava a perseguire i fedeli con l’intento di far chiudere la chiesa. Incoraggiava dei ragazzi a disturbare la comunità mentre svolgeva le funzioni di culto, con lancio di sassi contro la porta d’ingresso e con parole offensive.

Il fr. Giovanni Ricciardi dopo una lunga malattia ritornava alla casa del Padre il 28 gennaio 1973

Per testimonianza dell’Evangelo, i funerali si celebravano in piazza con la partecipazione dei fratelli della comunità, dei tanti fratelli della provincia e del sindaco del paese che condivideva la fede evangelica incoraggiandoli: “avete ottenuto la piena libertà di culto; non siamo più nell’era fascista. Siete liberi, liberi, di manifestare pubblicamente la vostra fede!”.

Antonio Milo con un dibattito verbale affrontò il parroco dicendo: “Tu non hai alcuna podestà, la chiesa non è né mia né tua, ma di Cristo! acquistata con il Suo sangue alla croce”.

La Parola dice: «del resto, tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati» (2 Timoteo 3:12).

Milo, per lavoro fu trasferito al comune di Foggia continuando il suo ministero come pastore itinerante nella provincia. Dopo alcuni anni, si ritrasferì a Lucera con la famiglia e continuò a servire Dio.

Il fratello Antonio dopo una lunga malattia, tornò alla casa del Padre il 13 marzo 2003. Il funerale fu celebrato a Pietramontecorvino dal fr. Giuseppe Rosania con la partecipazione di molti fedeli di Foggia e della provincia.

 “O Eterno, non ho tenuto nascosta la tua giustizia nel mio cuore; ho raccontato la tua fedeltà e la tua salvezza”. Salmo 40:10

I fratelli della provincia di Foggia che hanno collaborato e incoraggiato la comunità di San Marco la Catola sono: Giovanni Lizzi e Giuseppe Iannelli di Troia, Peppino La Ricchia di Lucera, Michele Carusillo di Pietramontecorvino, Giovanni Ferri, Giuseppe Rosania, Michele Rutigliano, Angelo Campagna , Antonio Colotti, Vincenzo Mobilia, Marco Rosati ed altri.

Fernando Barile già nel 1968 collaborò con la comunità e dal 1970 al 1980 si prese cura di un’evangelizzazione capillare. Il seme della parola fu sparso ampiamente annunciando la Parola di casa in casa, con culti all’aperto, con tende, distribuendo materiale di letteratura cristiana. Alcuni chiesero di pregare, rimasero solo dei simpatizzanti, nacquero delle amicizie ma non ci furono conversioni.

Il numero dei fedeli diminuì enormemente a causa dell’emigrazione dei giovani e per la morte dei fratelli anziani, ciò segnò la fine di questa comunità. Il locale di culto fu inevitabilmente chiuso e per i pochi rimasti, le riunioni continuarono in casa della sorella Angela. Fernando saltuariamente continuò a portare la Parola.

Angela con Maria Barrea si riuniva in casa per leggere la Parola e pregare ma nel 2018 la sorella Maria è andata col Signore.

L’unica testimone dell’Evangelo a San Marco la Catola è Angela Greco.

Sabato 25 luglio 2020 da Foggia e da San Paolo di Civitate dei fedeli hanno visitato la sorella Angela non solo per incoraggiarla, ma anche perché lo Spirito Santo continua a divampare in San Marco la Catola. Gloria a Dio!

La sorella Maria di Foggia, con amore ogni giorno telefonicamente la incoraggia con la Parola di Dio.

Testimonianza del 25-6-2020 raccolta dalla sr. Angela Greco in Via Cairoli 134 San Marco la Catola e confermata il 15-7-2020.

Testimonianza telefonica del 26-6-2020 avuta dalla sr. Giuseppina Barrea vedova Milo e dal figlio Angelo e confermata il 13-10-2020. 

Testimonianza del 25-7-2020 raccolta dal fr. Fernando Barile a Foggia e confermata il 7-10-2020.

Fernando Barile 1940 – 2022

Il 23-3-2022 a causa del Covid-19, è tornato alla “Casa del Padre” l’instancabile e fedele pioniere dell’Evangelo, Fernando Barile. Il funerale è stato celebrato il 24-3-2022 a Foggia nella chiesa di Via Tito Serra, dal F.llo Paolo Testa perché il pastore Fulvio Tarabella era in missione umanitaria in Ucraina.

Maria Torraco


Storia evangelica della mia famiglia

La sorella Lucia Patricelli dall’America ha voluto inviarci un manoscritto, in cui racconta la sua storia e quella della sua famiglia, in aggiunta alla storia di San Marco la Catola, già esistente in rete. La sorella Lucia non ha mai dimenticato il suo paese natìo, San Marco la Catola. Prima di essere promossa per il cielo, il 12 maggio 2023, ha scritto di suo pugno la sua storia vissuta, per renderla nota. Il figlio Tonino De Simone, gentilmente l’ha inviato alla sorella Lina Greco.

Mi chiamo Lucia Patricelli, sono nata in un piccolo paese dell’Appennino a San Marco La Catola, il 28 ottobre del 1935. Avevo tre anni quando mio padre fu assunto come agente penitenziario del carcere di Turi (Ba). Ogni anno, nei mesi estivi, andavamo a San Marco per le vacanze, qui abitavano due sorelle più grandi di mia madre e i nonni materni. Una volta arrivati, la casa in cui preferivo stare era quella dei nonni, dove abitava anche la sorella maggiore di mia madre, zia Assunta, rimasta vedova. Quando avevo dodici anni, zia Assunta incominciò a parlarmi dell’amore di Cristo e a farmi leggere la Bibbia, così venni a sapere che erano evangelici. Un giorno mi raccontò la sua conversione: “Mio nonno, Lorenzo Fantetta, era emigrato tanti anni prima a Buenos Aires, in Argentina, e là qualcuno gli aveva parlato della salvezza in Cristo Gesù. Anche se non sapeva leggere e scrivere, acquistò la Sacra Bibbia, e al suo ritorno in Italia la portò con sé. Poi per ragioni di lavoro emigrò di nuovo con la famiglia negli Stati Uniti, precisamente nel Bronx, (New York). La famiglia a quei tempi era formata dalla nonna, da zia Assunta e zio Salvatore. Nel Bronx, abitava anche una sorella di mio nonno, Michela Fantetta con il marito Giuseppe D’Ariano che era pastore della chiesa del Bronx insieme alla moglie, una cara servente del Signore, era l’anno 1906.

Nel settembre 1908 nacque zia Pasqualella (Pasqualina) e il primo dicembre del 1910 mia madre Concetta Fantetta fu presentata al Signore nella chiesa Battista del Bronx. Non ricordo bene se fu nel 1912 o 1913 che i miei nonni tornarono in Italia a San Bartolomeo in Galdo (Bn). Passarono gli anni, zia Assunta nel frattempo si era sposata ma il suo matrimonio fu una tragedia; il marito era sempre gravemente malato. Nel frattempo anche la sorella di mio nonno con suo marito, erano tornati in Italia. Zia Assunta parlava di Cristo e della salvezza a tutti. Così a San Bartolomeo in Galdo incominciò un’opera di evangelizzazione e si formò una piccola comunità di credenti pentecostali. Zia Assunta all’età di ventitré anni accettò il Signore e la nonna, anche lei accettò il Signore e si battezzarono.

Nel 1921 si trasferirono a San Marco la Catola. Due volte la settimana, compresa la domenica, i miei nonni e la zia (tre persone) pregavano, cantavano e meditavano la Parola di Dio. Zia Assunta non sapeva leggere e scrivere; quando si convertì pregò Dio di darle l’intelligenza per leggere la sua Parola. “Così” mettendo insieme le lettere dell’alfabeto imparò da sola a leggere, questo fu uno dei primi miracoli che Iddio fece nella sua vita. Quando era bel tempo, la domenica, mia nonna e mia zia Assunta andavano a San Bartolomeo a piedi (paese di montagna) per stare insieme ad altri credenti a lodare il Signore. Era un cammino di circa tre ore e mezzo all’andata, e altrettante al ritorno, circa sette ore di strada. In quel tempo non c’era libertà di religione. I credenti erano perseguitati dal clero e dalla legge (comandavano i fascisti). Zia mi diceva che per leggere la Bibbia erano costretti a tappare con degli stracci ogni fessura della porta e delle finestre per non far vedere la luce dall’esterno. La vita di mia zia era una continua testimonianza del nostro Signor Gesù Cristo. La gente del paese diceva sempre che era una brava donna, nonostante non fosse più cattolica romana ed avesse rinnegato la chiesa, e per la gente era una colpa grave. Come già ho detto si trattava di gente povera e molte volte mia zia andava a lavorare da altre persone in campagna a giornata, portava sempre con sé la Sacra Bibbia e quando gli altri operai a mezzogiorno si riposavano, lei leggeva la Bibbia e cercava di testimoniare agli altri. Mia madre non voleva ascoltare l’Evangelo; ma all’età di diciassette anni si ammalò: le si era gonfiato il collo procurandole gravi difficoltà sia nel mangiare sia nel bere.  

Era il mese di giugno, avevano mietuto il grano (non c’erano le mietitrici allora. Il grano si mieteva con la falce.) Per separare la paglia dal grano, il grano veniva ventilato, gettato in aria con la pala, di solito contro vento, oppure fatto cadere dall’alto, allo scopo di liberarlo dalla pula. Zia Assunta si stava riposando, mia madre no, ad un tratto ebbe una visione: due angeli con una corona che splendeva in mano si avvicinarono a lei. Mamma voleva chiamare la sorella per farle vedere la visione, ma non poteva parlare, poi tutto scomparve. Chiamò la sorella e le spiegò quello che aveva visto e nello stesso momento fu guarita. La zia l’esortò ad accettare il Signore ma mia madre non l’ascoltò. Dopo si fidanzò con mio padre e il 30 ottobre 1933 si sposarono. Il 28 ottobre 1935 nacqui io, mio padre fece la domanda al Ministero di Grazia e Giustizia e nel mese di ottobre del 1938 prese servizio come agente di custodia al Carcere di Turi (Ba). Il 13 gennaio 1940 nacque mia sorella Giovanna, che morì il 19 novembre 1946. Fu il primo grande dolore della mia vita. Il 19 novembre 1942 nacquero un’altra sorellina di nome Elisabetta, il 31 gennaio 1944 mia sorella Pasqualina e il 10 agosto 1946 mio fratello Giuseppe.

Nel 1947, come tutti gli anni, nel mese di luglio andammo in vacanza a San Marco la Catola, come sempre mia madre rimaneva in casa di sua sorella Pasqualina con le mie sorelle e mio fratello, io invece stavo sempre in casa dei nonni e della zia Assunta, rimasta vedova, che abitava con i nonni. Zia incominciò a farmi leggere la Bibbia dicendo che avrebbe letto lentamente, e mi spiegava come Cristo era morto per me sulla croce e che avevo bisogno di salvezza. Devo dire che mi piaceva tanto leggere la parola di Dio, ascoltare i miracoli che Gesù aveva fatto, le storie del Vecchio Testamento, ma non ancora mi ero deciso a servire il Signore. Poi avvenne che nell’estate successiva, nel 1948 accettai il Signore. Dopo le vacanze ritornai a Turi con la mia famiglia. La sera, mia madre si dedicava a fare dei lavori a maglia e a ricamare. Mia zia mi aveva regalato una Bibbia, domandai a mia madre se potevo leggere mentre lei lavorava, mi disse di si (lei non sapeva leggere), così cominciai a leggere la Parola di Dio due volte la settimana, io e mia madre avevamo un servizio di preghiera e di lettura dell’Evangelo. Nell’anno seguente, durante le vacanze, anche mia madre accettò Gesù come suo personale Salvatore.

Nel 1949 a San Marco la Catola andava a predicare un certo fratello Attilio Di Gennaro da Troia (Fg) e un altro fratello di nome Nicola Sansonetti da San Paolo di Civitate (Fg). Si impegnarono e scrissero alla chiesa di Bari per chiedere se fosse possibile mandare qualche fratello a Turi. Infatti, al nostro ritorno, venne a trovarci il fratello Giancaspero con sua moglie Concetta, una cara sorella in Cristo. Allora non c’erano gli stessi mezzi di trasporto di cui disponiamo oggi, venivano su una motocicletta da Triggiano a Turi che distava diversi chilometri, venivano la domenica e insieme si glorificava il Signore. Una domenica il fratello Giancaspero venne insieme al pastore della chiesa di Bari, il fratello Marazia, e ci ammaestrò riguardo al battesimo. Mia madre decise di battezzarsi e si battezzò una domenica di marzo, nel 1950, nel mare di Bari. I miei genitori, per esigenze di famiglia, decisero di ritirarmi dalla scuola e mandarmi da una sarta per imparare il mestiere. Ero molto giovane, avevo 15 anni, ero sola non avevo altre giovani credenti con me, e stando tutti i giorni nella sartoria e vedendo che si prendevano gioco di me e della mia fede, un poco alla volta mi allontanai dal Signore. Non ero più né cattolica né evangelica. Continuavo a leggere la Parola di Dio per mia madre, ma per me era indifferente.

Venne a farci visita a Turi il fratello di mia madre, Salvatore, che lavorava nella miniera di carbone in Sardegna, lo zio era di passaggio perché doveva andare a trovare i genitori a San Marco la Catola. Mia madre, d’accordo con zia Assunta, mi mandò in vacanza in anticipo. Io ero così contenta, sarei sta con le mie amiche e non sarei stata più costretta a leggere la Bibbia per mia madre. La sera in cui arrivai con lo zio Salvatore, come ero solita fare, andai a casa dalla zia Assunta e dai nonni. Quella sera c’era il fratello Attilio Di Gennaro. Dopo pranzo zia mi domandò se volessi andare al culto. Zia sapeva che io mi ero allontanata dalla fede, ma non mi disse una sola parola, m’invitò soltanto ad andare al culto. Non so cosa avvenne in me, so soltanto che accettai con gioia. Durante il servizio il fratello mi invitò a rendere la mia testimonianza di fede, anche per incoraggiare i giovani che erano presenti. Non dimenticherò mai quella sera in cui per la prima volta testimoniai di Cristo Gesù. Prima cantai il cantico: “Quando ero nel mondo errante, camminavo all’ombra della morte, sul cammino incontrai il Signore che disse: Ascolta e cambia la tua vita” e poi testimoniai della gioia che si ha nel cuore per aver accettato Cristo come personale Salvatore. Pochi giorni dopo il fratello Nicola Sansonetti disse che a Foggia nel rione casermette, si sarebbe tenuto un servizio di battesimi e di Santa Cena. Dissi a zia che volevo battezzarmi e mi rispose di scrivere a mio padre che era a Turi per chiedergli il permesso. Mio padre acconsentì. Il 2 settembre del 1950, insieme con altre giovani di San Marco, mi battezzai. Allora non c’erano vasche battesimali nelle chiese, andammo in campagna, dove c’era una grande vasca che il fratello usava per irrigare la campagna e sotto la tenda quel giorno eravamo 21 giovani dai 15 ai 20 anni, la gioia era grande,  la presenza di Dio era nel mezzo di noi. Poi ci fu un’ora circa di intervallo per il servizio di Santa Cena. Io con zia Assunta e qualche altro credente stavamo mangiando qualcosa, si avvicinò a noi un fratello per dirci che poco lontano da noi c’era un gruppo di fedeli che stava pregando e Dio battezzava con lo Spirito Santo. Senza indugiare andammo anche noi e quello stesso giorno fui battezzata anche con lo Spirito Santo. Eravamo in aperta campagna inginocchiati sul terreno in mezzo ad una vigna, per noi era il posto più bello del mondo perché c’era il Signore.

Nel 1947, come tutti gli anni, nel mese di luglio andammo in vacanza a San Marco la Catola, come sempre mia madre rimaneva in casa di sua sorella Pasqualina con le mie sorelle e mio fratello, io invece stavo sempre in casa dei nonni e della zia Assunta, rimasta vedova, che abitava con i nonni. Zia incominciò a farmi leggere la Bibbia dicendo che avrebbe letto lentamente, e mi spiegava come Cristo era morto per me sulla croce e che avevo bisogno di salvezza. Devo dire che mi piaceva tanto leggere la parola di Dio, ascoltare i miracoli che Gesù aveva fatto, le storie del Vecchio Testamento, ma non ancora mi ero deciso a servire il Signore. Poi avvenne che nell’estate successiva, nel 1948 accettai il Signore. Dopo le vacanze ritornai a Turi con la mia famiglia. La sera, mia madre si dedicava a fare dei lavori a maglia e a ricamare. Mia zia mi aveva regalato una Bibbia, domandai a mia madre se potevo leggere mentre lei lavorava, mi disse di si (lei non sapeva leggere), così cominciai a leggere la Parola di Dio due volte la settimana, io e mia madre avevamo un servizio di preghiera e di lettura dell’Evangelo. Nell’anno seguente, durante le vacanze, anche mia madre accettò Gesù come suo personale Salvatore.

Nel 1949 a San Marco la Catola andava a predicare un certo fratello Attilio Di Gennaro da Troia (Fg) e un altro fratello di nome Nicola Sansonetti da San Paolo di Civitate (Fg). Si impegnarono e scrissero alla chiesa di Bari per chiedere se fosse possibile mandare qualche fratello a Turi. Infatti, al nostro ritorno, venne a trovarci il fratello Giancaspero con sua moglie Concetta, una cara sorella in Cristo. Allora non c’erano gli stessi mezzi di trasporto di cui disponiamo oggi, venivano su una motocicletta da Triggiano a Turi che distava diversi chilometri, venivano la domenica e insieme si glorificava il Signore. Una domenica il fratello Giancaspero venne insieme al pastore della chiesa di Bari, il fratello Marazia, e ci ammaestrò riguardo al battesimo. Mia madre decise di battezzarsi e si battezzò una domenica di marzo, nel 1950, nel mare di Bari. I miei genitori, per esigenze di famiglia, decisero di ritirarmi dalla scuola e mandarmi da una sarta per imparare il mestiere. Ero molto giovane, avevo 15 anni, ero sola non avevo altre giovani credenti con me, e stando tutti i giorni nella sartoria e vedendo che si prendevano gioco di me e della mia fede, un poco alla volta mi allontanai dal Signore. Non ero più né cattolica né evangelica. Continuavo a leggere la Parola di Dio per mia madre, ma per me era indifferente.

Venne a farci visita a Turi il fratello di mia madre, Salvatore, che lavorava nella miniera di carbone in Sardegna, lo zio era di passaggio perché doveva andare a trovare i genitori a San Marco la Catola. Mia madre, d’accordo con zia Assunta, mi mandò in vacanza in anticipo. Io ero così contenta, sarei sta con le mie amiche e non sarei stata più costretta a leggere la Bibbia per mia madre. La sera in cui arrivai con lo zio Salvatore, come ero solita fare, andai a casa dalla zia Assunta e dai nonni. Quella sera c’era il fratello Attilio Di Gennaro. Dopo pranzo zia mi domandò se volessi andare al culto. Zia sapeva che io mi ero allontanata dalla fede, ma non mi disse una sola parola, m’invitò soltanto ad andare al culto. Non so cosa avvenne in me, so soltanto che accettai con gioia. Durante il servizio il fratello mi invitò a rendere la mia testimonianza di fede, anche per incoraggiare i giovani che erano presenti. Non dimenticherò mai quella sera in cui per la prima volta testimoniai di Cristo Gesù. Prima cantai il cantico: “Quando ero nel mondo errante, camminavo all’ombra della morte, sul cammino incontrai il Signore che disse: Ascolta e cambia la tua vita” e poi testimoniai della gioia che si ha nel cuore per aver accettato Cristo come personale Salvatore. Pochi giorni dopo il fratello Nicola Sansonetti disse che a Foggia nel rione casermette, si sarebbe tenuto un servizio di battesimi e di Santa Cena. Dissi a zia che volevo battezzarmi e mi rispose di scrivere a mio padre che era a Turi per chiedergli il permesso. Mio padre acconsentì. Il 2 settembre del 1950, insieme con altre giovani di San Marco, mi battezzai. Allora non c’erano vasche battesimali nelle chiese, andammo in campagna, dove c’era una grande vasca che il fratello usava per irrigare la campagna e sotto la tenda quel giorno eravamo 21 giovani dai 15 ai 20 anni, la gioia era grande,  la presenza di Dio era nel mezzo di noi. Poi ci fu un’ora circa di intervallo per il servizio di Santa Cena. Io con zia Assunta e qualche altro credente stavamo mangiando qualcosa, si avvicinò a noi un fratello per dirci che poco lontano da noi c’era un gruppo di fedeli che stava pregando e Dio battezzava con lo Spirito Santo. Senza indugiare andammo anche noi e quello stesso giorno fui battezzata anche con lo Spirito Santo. Eravamo in aperta campagna inginocchiati sul terreno in mezzo ad una vigna, per noi era il posto più bello del mondo perché c’era il Signore.

Ritornai a Turi e anche mio padre incominciò a stare con noi quando si pregava e si leggeva la Parola di Dio. Sul letto era appeso un quadro che rappresentava Sant’Antonio a cui mio padre era molto devoto, papà tolse quel quadro e al suo posto ne mise uno con un verso della Bibbia. Purtroppo mio padre si ammalò e mentre era a letto venne il dottore del carcere a visitarlo. Al suo ritorno in servizio mio padre fu chiamato in direzione, ad aspettarlo c’erano il cappellano del carcere, il direttore e il dottore e gli dissero se non avesse tolto quel quadro e non si fosse impegnato per portare la famiglia alla vera religione, il direttore sarebbe stato costretto a fare rapporto al Ministero di Grazia e Giustizia e, come punizione, sarebbe stato congedato dal servizio. Al ritorno a casa mio padre mise di nuovo la figura di Sant’Antonio e ci proibì di parlare con altre persone dell’Evangelo. Circa una settimana dopo venne a trovarci il prete del carcere per essere sicuro che papà avesse obbedito e per cercare di convincere me e mia madre a rinunziare Cristo. Ci fu una lunga discussione e il Signore guidò mia madre e me nel rispondere. Alla fine, prima che andasse via, il prete disse: “Tenete per voi le vostre bugie ma state attenti a non parlare con altri sennò l’agente Patricelli verrà congedato”. Mio padre ci parlò seriamente della sua condizione di lavoro. Ma poi ogni volta che venivano i fratelli lui stava con noi per il servizio, ogni volta che noi leggevamo e pregavamo, lui stava con noi. Un giorno, nel carcere, ci fu una rivolta dei carcerati che durò 24 ore, qualche agente fu addirittura ucciso. Mio padre tornò la mattina in uno stato pietoso e, dopo un’ora dal suo rientro a casa, ebbe un grave collasso tanto che non tornò in servizio, ma fu ricoverato all’ospedale militare di Bari. Fu dimesso e, nel novembre 1952, quando uscì dall’ospedale, stava tanto male che in accordo con i dottori andammo a San Marco la Catola dove mio padre sperava di stare meglio.

Era l’estate del 1953. Intanto a San Marco si era formato un gruppo di credenti di circa cinquanta persone. Non si facevano più servizi nelle case ma c’era un locale di culto.

A San Marco incominciai il lavoro di sarta e venivano delle ragazze da me per imparare a cucire. C’era una giovane credente di nome Lina Greco con sua sorella Elisa. La loro madre era contraria alla fede evangelica e perseguitava grandemente le figlie. Ma le vie del Signore non sono le nostre vie, né i suoi pensieri i nostri pensieri, dice il profeta Isaia. La madre anche se era una grande nemica del Vangelo, aveva permesso alle figlie di venire a cucire da me. Inoltre vi erano anche altre due giovani credenti che venivano a lavorare a casa, si chiamavano Giuseppina e Giovanna Barrea. Così ogni giorno all’una, quando si smetteva di lavorare ci si recava in un’altra casa di nostra proprietà che si usava come cantina e là si pregava per un’ora o più. Il Signore Ci riempiva del suo Santo Spirito e delle Sue benedizioni.

La madre di Lina e di Elisa Greco alle volte veniva all’improvviso, allora mio padre, per nascondere il fatto che si pregasse, le diceva che eravamo uscite per necessità di lavoro. Non c’era libertà di religione ma Iddio protegge sempre i suoi figlioli.

Voglio raccontarvi una testimonianza: Una sorella della chiesa morì, suo marito non era credente e i funerali furono fatti nella chiesa cattolica. Io, mia zia Assunta e un’altra sorella eravamo presenti quando la defunta fu posta nella bara. Il giorno dopo il funerale, il custode del cimitero mi disse “sei stata fortunata altrimenti oggi saresti stata arrestata”. Chiesi per quale ragione avrebbero dovuto arrestarmi dal momento che non avevo fatto niente di male. Allora il custode mi disse che il giorno del funerale, avevano riferito al marito della sorella defunta, che trovandomi vicino alla bara mentre ci mettevano dentro la defunta io avevo messo sotto il cuscino una Bibbia. A quei tempi la parola del marito era legge. Il marito aveva chiamato i carabinieri, raccontando l’accaduto, se avessero trovato la Bibbia allora mi avrebbero arrestata. I carabinieri andarono al cimitero e aprirono la bara, ma stranamente era piena di acqua che copriva tutta la salma. Nessuno ebbe il coraggio di vedere sotto il cuscino. Quando venne l’altra sorella che era con noi, mia zia raccontò il fatto e ringraziammo Iddio del miracolo. Allora questa sorella ci disse che la Bibbia nella bara c’era davvero perché l’aveva messa lei.

“Non spostare il confine antico, che fu messo dai tuoi padri ”Proverbi 22:28.

Dio ci chiama a custodire ciò che abbiamo ricevuto!

Maria Torraco